Come apparirebbe se visto da più lontano lo scorrere dell'esistenza umana?
L'affaccendarsi, lo star vicini, il dubbio, i voli dell'animo, l'eroismo persino?
In un luogo indefinito, in un tempo imprecisato, delle persone.
Ognuna con un suo gesto – suo compito – unico, seppur in apparenza banale.
Un gesto da ripetere, eppure sempre nella sensazione di aderirgli, quasi di appartenergli, con più o meno adesione e più o meno pienezza, a seconda dei casi. Tutti vicini, quasi a puntellarsi l'un l'altro nei cedimenti di ognuno.
Sullo sfondo una prospettiva di liberazione, agognata, casuale.
Allontanare il punto di vista e avvicinare quello d'ascolto, questo in breve il tentativo. Lavorare in astrazione per una possibile apertura di senso. E guardarci da più lontano per una possibile restituzione di senso.
Gli attori hanno lavorato innanzitutto alla ricerca e alla precisazione del loro gesto – loro compito esistenziale – e alla esplorazione di possibili sfasature rispetto ad esso (dubbi, inadeguatezze, desiderio d'altro, smania, ribellione).
Hanno poi lavorato alla tessitura delle relazioni umane all'interno di questa piccola collettività esemplare, e all'individuazione della qualità e della direzione del loro contributo (solidarietà, conforto, destabilizzazione).
Sono poi stati impegnati nella costruzione di più partiture fisiche, articolate sui possibili incastri e le possibili combinazioni dei loro gesti. La drammaturgia, infine, è arrivata come l'esito di uno stratificato processo di composizione collettiva, attraverso la precisazione costante e progressiva del materiale nato dalle improvvisazioni.
In una scena scarna otto attori si affacendano all'esecuzione di un gesto ripetitivo e in apparenza banale. Eppure hanno per quel gesto lo stesso grado di partecipazione naturale che abbiamo noi nei riguardi di noi stessi, della nostra indole, dei nostri tratti somatici, di ciò che, in breve, fa di noi quello che siamo.
Questa comunità operosa conosce però anche la riflessione, quando non persino la
speculazione, filosofica, teologica o politica, ma qualunque nodo concettuale venga sollevato, non può che essere discusso nei termini di quella condizione esistenziale, rapportato e riferito ad essa. Il che, se da un lato sembra ridurre e quasi banalizzare i contenuti, permette in realtà di potenziarne la portata, lasciando che quei termini fissi possano aprirsi al simbolo.
Gli otto attendono una liberazione, che sanno non essere decisa da loro, e che arriverà per uno di loro soltanto, e soltanto alla fine dello spettacolo: essa consiste, molto semplicemente, nella possibilità di uscire.
Elisa Angelini, Marzia Colandrea, Nicola De Santis, Diego Galli, Francesca Giammaria, Claudio Nicolini, Sonia Scorti, Agostino Terranova.
Movimento scenico
Diego Invernizzi