PRESENTAZIONE
Lutto per la propria vita che non è mai come si vorrebbe, per il tempo che se ne va, per le speranze uccise, per l'amore negato.
Lutto per il giovane Konstantin, morto suicida con un colpo alla tempia, ma la cui anima non trova pace nell'Ade e si aggira ancora, inquieta, alla ricerca di un senso. La madre, lo zio, la donna amata e quella respinta, gli amici, si ritrovano a pochi giorni dalla sua scomparsa, a ricordarlo.
Marcati da un profondo senso di solitudine, essi parlano per riempire un vuoto, per sfuggire al mistero; in qualche modo rinunciano al presente, quindi anche all’incontro con gli altri.
Nel silenzio personale il ricordo si fa evocazione, che pone strane domande e lascia tracce profonde nelle anime e nei sensi di tutti.
Ognuno, rispetto ai suoi desideri ed aspirazioni, definisce la sua natura vitale. Ognuno si definisce in base alla propria coscienza della vita.
Il giovane Kostja non è l'unica ombra ad aggirarsi inconsapevolmente fra i vivi...
Sogni, Simboli, Archetipi
Già nel 1974, dopo la messinscena del Giardino dei ciliegi, Strehler diceva “Bisogna tentare di rappresentare Cechov nel suo versante più universale, simbolico, aperto a sollecitazioni fantastiche...”; in seguito Nekrosius, con coraggio, ha dimostrato quanto Il Gabbiano si presti ad essere sovvertito nel suo ordine costituito; di recente, critici e studiosi hanno addirittura attestato una sorprendente presenza di Segni Esoterici in tutta l'opera Cecoviana. Consapevolmente o no, non fa differenza: un artista sa sempre molto poco della sua opera, se agisce con ispirazione. E d'altronde, non ci sarebbe da stupirsi se il Cechov medico-scrittore facesse davvero parte di qualche gruppo di esoteristi. Lo studio della Cabala, della magia, dell'astrologia, dell'alchimia e dell'ermetismo in relazione ai Tarocchi era assai in voga, alla fine del 1800, tra i componenti della crème dell'intelligentsia russa!
Questa rilettura del celebre dramma di Cechov, intende, con il doveroso rispetto, osar di proseguire, guardare oltre le righe, rintracciare "quei Segni" in nome di un teatro di suggestione onirica, in omaggio alla solitudine dell'uomo contemporaneo e in tributo alla "grande anima universale" citata dall'autore all'inizio dell'opera.
La strada della ricerca e della sperimentazione teatrale di Cassiopea, negli ultimi anni, si va determinando nell'infaticabile indagine nel Mistero, nell'Inconscio e negli Incanti e si avvicina a tutto quanto trasudi stimoli o significati in tal senso. Sensibili al richiamo dell'abisso conoscitivo, scegliamo Il Gabbiano trasportati da forti suggestioni magiche.
Seguendo molte suggestioni che arrivano dal testo (“La vita non bisogna rappresentarla così com’è, e nemmeno come deve essere, ma così come ci appare nei sogni” - Kostja, primo atto) si è scelta quindi una dimensione onirica per condurre l'azione. E il lago "stregone", sede dell'inconscio e delle sue creature, traspone lo spettacolo in una dimensione fantastica: l'acqua liquefà la recitazione e il corpo degli attori e li porta nel sussurro e nel palpito. La nebbia, toglie potere alla vista e al senso di realtà catapultandoci nel mistero del Sogno.
Il Gabbiano - ombre è uno spettacolo che scardina l'ordine dello spazio-tempo; è uno spettacolo libero, silenzioso e profondo dove i vivi contattano i morti attraversando le porte del proprio inconscio. E' una domanda umile oltre il Conosciuto.
Sogni, più nel profondo Simboli e più giù ancora Archetipi.
RECENSIONI E RINGRAZIAMENTI
La Compagnia tuttta ringrazia sentitamente i numerosi e attenti spettatori intervenuti a teatro.
Ed ecco cosa scrive Andrea Raimondo su "Fuori le Mura" del 4 maggio:
Il Gabbiano - ombre
Cassiopea in scena al Tordinona
Lo scorso mese di ottobre "Fuori le Mura" intervistò Tenerezza Fattore, direttrice ed insegnante di "Cassiopea", scuola di formazione e centro culturale di ricerca e sperimentazione teatrale, che si ricostituiva in quei giorni a Roma. Durante quell'incontro Tenerezza ci disse che uno dei principali obbiettivi di "Cassiopea" era quello di sviluppare "possibili teatri futuri", ovvero "un teatro che richiamasse nell'allestimento e nel modo di recitare degli attori l'inconscio e la sapienza primordiale che si trova dentro ognuno di noi". Questa affermazione ci aveva molto colpito e ci eravamo promessi di vedere alla prova Tenerezza e i suoi allievi in una delle loro messinscena.
Giovedì siamo andati a vederli recitare al Teatro Tordinona, dove sono andati in scena con successo per tre serate consecutive, con un suggestivo adattamento de "Il Gabbiano" di Anton Cechov. Un lavoro eccellente, curato e prodotto secondo quegli obiettivi di cui Tenerezza ci parlò in autunno. Sin dal sottotitolo ("ombre") posto accanto al titolo originale dell'opera, Tenerezza ha connotato lo spettacolo di una potente dimensione onirica, perfetta per penetrare l'universo simbolico e fantastico creato dall'autore russo.
"Un testo scomodo" lo ha definito la regista, ed è evidente come nel suo attento lavoro abbia cercato di rendere al meglio, riuscendoci pienamente, gli elementi oscuri e misteriosi dell'opera, i suoi dubbi amletici, valorizzando al meglio i caratteri di matrice shakespeariana dell'opera, con un uso delle luci e delle musiche fortemente evocativo e un prorompente sforzo scenografico. Bravi davvero anche gli attori: nonostante si segnalino chiaramente alcune talentuose individualità, la compagnia non soffre di una disomogeneità recitativa, mostrando ogni singolo elemento come parte di un tutto che si muove e respira in armonia.
Una rilettura che insiste sulla forza dei sentimenti e dei personaggi, che diventano archetipi dell'uomo moderno, in costante lotta col vuoto che lo circonda, in bilico tra inettitudine passiva e il bisogno di emergere dal profondo senso di solitudine che ne pervade l'esistenza, alla ricerca di evocazioni e risposte nelle ombre ultraterrene che ne popolano l'inconscio.
Andrea Raimondo
(raimondo@fuorilemura.it)
CAST
MUSICHE
Ketil Bjornstad
David Darling
SCENOGRAFIA
Eleonora Gianfermi
Mariella Giordano
COSTUMI
Clara Barbieri
ASSISTENTE ALLA REGIA
Ilaria Mollica
FOTO DI SCENA
Simone Ferraro
UFFICIO STAMPA
Elena Giacchino